Sharing Economy: il segreto del successo dell’econonomia della condivisione

Negli ultimi anni si sta assistendo alla diffusione e allo sviluppo di un nuovo tipo di economia, particolarmente attenta agli aspetti della socialità e dell’ambiente circostante: la sharing economy, nota in Italia come consumo collaborativo, rappresenta l’ultima e più innovativa frontiera di un mondo in continua evoluzione, alla ricerca di spunti su cui costruire solide realtà.

Questo nuovo fenomeno può vantare già un giro d’affari assolutamente consistente, con dei numeri che sono più che confortanti. E allora c’è già chi compie studi a riguardo e si lancia in più o meno azzardate previsioni future: circolazione annua da 570 miliardi di euro entro il 2025, a fronte di un reddito lordo che nel 2015 si attestava leggermente sotto i 30 miliardi di euro (di cui 3,5 in Italia).

Gli utilizzatori di servizi collegati alla sharing economy sostengono la loro scelta, definendola dettata da differenti ma congruenti aspetti: rivalutazione e riutilizzazione di oggetti trascorsi, limitato impatto sull’ambiente, possibilità di socializzazione e, senza dubbio, di risparmio economico.
Il fulcro di questa realtà, tuttavia, è più ampio e complicato di quanto non possa sembrare.

Sharing economy: cos’è

La sharing economy è un nuovo modello economico, di recente ispirazione ed attuazione, basato sulla condivisione e sullo scambio sia di beni che di servizi. Le origini del termine risalgono al 1978, quando fu coniato dagli studiosi Felson e Spaeth. Qual’è il perno di questo sistema ? La circolarità delle conoscenze e delle competenze degli utenti che intendono impiegarvi le proprie possibilità.

I settori della sharing economy

Questa nuova economia è ormai ampiamente diffusa, anche se ci sono settori in cui essa è più sviluppata rispetto ad altri. I motivi sono molteplici: facilità nelle utilizzazioni, reti più fitte e capillari e, ultimo ma non ultimo, il maggior numero di anni d’attività.

Quello dei trasporti è uno degli ambiti maggiormente competitivi, con servizi come quelli offerti da BlaBlacar, Uber e Car2go che risultano estremamente funzionanti e funzionali alle esigenze dei clienti. Altri settori in crescita sono quelli rappresentati dall’affitto di appartamenti (Airbnb su tutti), dagli scambi di abitazioni, da quelli relativi ai settori turistici e vacanzieri e, sempre più in auge, quelli relativi all’ambito culinario.

La realtà rappresentata dalla sharing economy è già solida oggi e propone prospettive di crescita importanti per il futuro. Il motivo ? La diffusione del consumo collaborativo è fortemente relazionato alla possibilità di interagire, tra i vari utenti, attraverso internet.

Tutti siamo a conoscenza delle infinite risorse che il web offre e del continuo progresso tecnologico del settore informatico. Ciò si traduce in maggiori possibilità anche per le persone che intendono condividere o riutilizzare beni, offrire competenze o servizi: non esiste nessun mezzo in grado di raggiungere ampie fette di società come internet.

E’ lecito porsi delle domande circa le ripercussioni che lo sviluppo dell’economia condivisa può avere sulla società. Abbiamo assistito a contestazioni e richieste di intervento per limitare il fenomeno da parte di categorie di lavoratori che vengono colpite dalla diffusione della condivisione, come ad esempio quella dei tassisti.

Da un punto di vista assolutamente imparziale, la nascita di nuova concorrenza dovrebbe portare ogni persona coinvolta direttamente o indirettamente in questo nuovo mondo ad adottare delle innovazioni, non solo per migliorare la propria competitività ma anche per accrescere le possibilità di crescita della società intera.

Ed è questo il punto di forza della sharing economy: valorizzazione degli oggetti e, soprattutto, delle competenze personali. Quello di cui necessita la nostra società e quella del futuro.